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L' omicidio di Simonetta Cesaroni in via Poma

Via Poma, un dossier può riaprire le indagini: “Il nome del killer di Simonetta Cesaroni è qui”

Consegnato alla Procura un nuovo dossier: “Il nome dell’assassino potrebbe essere qui”. Atteso per il 19 novembre il verdetto del gip.
A cura di Beatrice Tominic
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Da una parte la richiesta di archiviare definitivamente il caso del delitto di via Poma. Dall'altra, la possibilità che un dossier dettagliato preparato dagli avvocati possa riaprire le indagini per trovare chi ha ucciso Simonetta Cesaroni nell'agosto del 1990, trentaquattro anni fa. Secondo alcuni, fra i documenti che verranno presentati al gip, potrebbe trovarsi il nome dell'assassino di Simonetta Cesaroni. Ed è proprio il gip che dovrà prendere una decisione sulle indagini, il prossimo 19 novembre.

Il dossier: le indagini devono essere svolte sui colleghi

A dirlo per primi i familiari di Simonetta Cesaroni. "Sono convinto che il nome dell'assassino di mia figlia sia in quei documenti", aveva dichiarato il padre della ragazza, Claudio Cesaroni prima di morire. Documenti che riguarderebbero il lavoro della ragazza. Secondo quanto riportato nell'ultimo numero di Giallo, le indagini servirebbero proprio a fare chiarezza sulle posizioni dei suoi colleghi, personaggi su cui non si sono mai concentrati accertamenti e piste.

Le prime tre inchieste sono finite nel nulla. In tutti questi casi, ad essere prima indagati e poi assolti, tre personaggi estranei al mondo del lavoro di Cesaroni. Per primo è stato indagato il portiere dello stabile di via Poma, Pierino Vanacore, che si è suicidato nel 2010; poi il figlio dell'architetto Cesare Valle, che in quello stabile ci viveva e, infine, il compagno della giovane. 

La richiesta della legale

Le indagini, però, nel marzo del 2022 sono state riaperte anche se, nel dicembre del 2023, è presto arrivata la richiesta di archiviazione. Ma se tutti gli sforzi e gli accertamenti fino ad oggi fossero semplicemente andati verso una direzione contraria a quella della verità? È quanto sembrano sostenere i legali, che hanno presentato il dossier in Procura. La richiesta dell'avvocata Federica Mondaini, la legale di Paola Cesaronni, è quella di analizzare le presenze nell'ufficio in cui lavorava Simonetta nel giorno in cui è stata uccisa. E, di conseguenza, fare accertamenti su tutti gli alibi. 

L'omicidio di Simonetta Cesaroni

Aveva 19 anni Simonetta Cesaroni in quell'estate di trentaquattro anni fa quando, il 7 agosto del 1990, il suo corpo è stato ritrovato senza vita negli uffici dell'Aiag, associazione italiana ostelli della Gioventù, in via Carlo Poma, nel quartiere delle Vittorie. La ragazza aveva deciso di iniziare a lavorare come segretaria. Dal quartiere Don Bosco dove viveva, spesso si recava negli uffici dell'Aiag. Ed è lì che è stata uccisa, con 29 coltellate inferte da un tagliacarte che non è mai stato ritrovato. Stessa sorte toccata anche alla persona che l'ha accoltellata: sempre ammesso che sia ancora viva, non è mai stata identificata e condannata.

Il ritrovamento di Simonetta Cesaroni

Dopo averla uccisa, verso le ore 18, potrebbe aver avuto tutto il tempo di fuggire. A ritrovare Simonetta, la sorella Paola soltanto dopo più di 5 ore, alle 23.30. Non l'aveva vista rientrare e si era preoccupata, così ha raggiunto lo stabile in via Poma insieme al fidanzato di Simonetta. Insieme a loro anche il datore di lavoro della diciannovenne, Salvatore Volponi. Quella sera disse che non aveva idea di dove si trovasse l'ufficio.

Una volta entrati nell'ufficio l'hanno vista. Seminuda, senza vita, a terra sul pavimento ripulito fatta eccezione per qualche traccia di sangue del gruppo A rimasto sull'ascensore e sulla porta dell'ufficio.

Le indagini: "Servono approfondimenti sui colleghi"

Alla notizia del dossier, si aggiunge quella di indagini ancora in corso data dal settimanale secondo il quale sarebbero ancora in corso accertamenti da parte delle Procura di Roma, soprattutto nell'ambito lavorativo della ragazza, a partire proprio dal datore di lavoro Volponi che, qualche giorno prima dell'omicidio di Simonetta, avrebbe chiuso un accordo con il presidente di Aiag Francesco Caracciolo di Sarno per far lavorare la ragazza negli uffici di via Poma il martedì e il giovedì pomeriggio. Proprio l'alibi di quest'ultimo nel corso delle ultime indagini non sembrerebbe reggere più, smentito da una delle collaboratrici. E dopo la pista che portava a due uomini di Stato, ora è arrivato il turno di analizzare la cerchia dei colleghi.

In particolare, il riferimento sarebbe ai "fogli firma" dal mese di luglio al novembre del 1990 con cui si prendevano le presenze in ufficio negli anni Novanta, misteriosamente spariti all'epoca prima che fossero sequestrati e inaspettatamente ricomparsi dopo oltre 34 anni. Forse Simonetta ha aperto la porta al killer che potrebbe appartenere proprio alla cerchia dei colleghi. Ma restano ancora interrogativi senza risposta a cui soltanto la Procura, qualora lo decidesse, potrà trovare risposta.

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